La zavorra
Quando ho iniziato la triennale in ingegneria non avevo idea del carico di studio che avrei davvero dovuto sostenere. Provavo a portare avanti la mia strategia delle scuole superiori: tutto in 2 giorni prima dell’interrogazione. Inutile dire che non si può vincere una maratona solo sprintando per gli ultimi due minuti… Nonostante quest’incoscienza però avevo preso un’abitudine a dir poco paradossale: avevo lo zaino con i libri sempre con me, come una zavorrina, un pensiero costante. Forse era il segno di quello che avrei capito più avanti, la “posa della prima pietra”.
Ci ho messo circa due anni poi a capire che aveva senso:
- Essere costante con lo studio, cercando di studiare lezione per lezione;
- Nella sessione di esami inserire dei ‘cuscinetti’ di giornate vuote, perchè non si sa mai che un giorno ti svegli con i neuroni in cortocircuito;
- Non portarsi lo zaino se sai che non potrai metterti a studiare.
E così (e grazie ad una formidabile compagna di studio) ho trovato un “punto di equilibrio stabile”, in cui potermi dondolare e resistere alle perturbazioni esterne.
Ecco, in quest’ultimo periodo mi sono resa conto che ho ripreso a portarmi dietro una zavorra: il computer. Perchè c’è sempre un bug che potevo sistemare, un codice in esecuzione da controllare, una scadenza che rischio di bucare. Non cambia se in quella giornata ho già lavorato per 5, 8, 12 ore. Se c’è bisogno il computer è con me, con la differenza che non è più un peso morto, perchè spesso poi lo accendo. Per fixare quel bug, per controllare il codice, per finire di scrivere il paper da mandare in conferenza. Anche se ho già lavorato per 5, 8 o 12 ore. Anche se i miei neuroni sono in cortocircuito.
Certo mi prendo anche il tempo per andare a basket, preparare una cena per le amiche, fare ‘doomscrolling’, scrivere sul blog. Però pesa. L’autogestione non è cosa facile se sai che nel tuo lavoro in generale ‘più fai e meglio è’. Più leggi, più analizzi, più scrivi, più pubblichi e più sei bravo, più diventi bravo. E chi non vuole essere bravo?
Sono fortunata perchè quello che faccio mi piace, e so che non è scontato.
Io credo che questa sete non andrà mai via, però vorrei anche riavere le sere libere ed essere comunque brava. Come quando studiavo in magistrale con la mia compagna. Tutti i giorni dalle 8 alle 19, con una passeggiata all’aperto durante la pausa pranzo, qualche caffè e qualche confidenza di tanto in tanto - e pure le discussioni sulle cose che capivamo ognuna a modo suo.
Forse è proprio questo il segreto per sopravvivere all’autogestione: che è meglio se la dividi con qualcuno.
A presto, Giulia
